Chirurgia del piede mininvasiva e classica
Chirurgia del piede classica e chirurgia del piede mininvasiva in percutanea: come scegliere l'una o l'altra tecnica chirurgica
La valutazione tra chirurgia mininvasiva e chirurgia aperta è una scelta che il chirurgo del piede fa insieme al paziente, tenendo conto di quella che è la gravità della patologia da trattare, la condizione clinica generale del paziente e del risultato che si vuole ottenere.
Nella scelta operatoria è importante tenere conto anche dell’anestesia, che nella chirurgia mininvasiva è prevalentemente locale e fatta con piccole punture di anestetico e garantisce un minor dolore intra- e post-operatorio, nonché una più facile ripresa della deambulazione.
La chirurgia del piede classica
La chirurgia del piede classica (o ‘aperta’) comporta un’incidenza dolorosa maggiore e un recupero più lento a causa della prolungata esposizione chirurgica e dell’uso di mezzi di osteosintesi tradizionali, che rimangono in parte all’esterno e che richiedono un secondo intervento per la rimozione.
Con la chirurgia del piede classica possono insorgere più frequentemente infezioni, problemi di cicatrizzazione della cute interessata, inestetismi e rigidità articolari. A causa dell’utilizzo del laccio ischemizzante, che viene posizionato al polpaccio, si possono verificare delle turbe vascolari: questo avviene più frequentemente in soggetti già affetti da insufficienza venosa e/o varici degli arti inferiori.
La chirurgia del piede mininvasiva in percutanea
La chirurgia del piede mininvasiva in percutanea rappresenta l’evoluzione della chirurgia classica ed è ormai impiegata da moltissimi specialisti ortopedici con ottimi risultati, ampiamente riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale e italiana.
Questo tipo di chirurgia mininvasiva consente di effettuare le correzioni di tutte le deformità dell’avampiede e del retropiede con una tecnica meno aggressiva, con minor dolore e con un facile recupero della deambulazione e del carico.
Con la tecnica mininvasiva in percutanea si ottengono, infatti, risultati pienamente sovrapponibili a quella convenzionale e il non utilizzo del laccio ischemizzante e il rapido recupero post-operatorio della deambulazione e del carico permettono significativamente di ridurre anche i rischi vascolari.
La chirurgia del piede in percutanea consente di effettuare l’intervento ambulatorialmente con piccole incisioni grazie all’impiego di strumenti chirurgici appositamente creati per questo tipo di intervento.
L’anestesia è prevalentemente locale e fatta con piccole punture di anestetico, garantendo quindi un minor dolore intra- e post-operatorio e una più facile ripresa della deambulazione, già il giorno stesso dell’intervento.
Le patologie del piede trattate principalmente con chirurgia mininvasiva in percutanea
La patologia del piede più diffusa trattata con la tecnica mininvasiva in percutanea è l’alluce valgo. L’alluce valgo è una patologia del piede molto diffusa nel mondo femminile. Caratterizzata dalla deviazione laterale del primo dito del piede che appare inclinato verso le altre dita, creando così una sporgenza che tende a peggiorare progressivamente (la cosiddetta ‘cipolla’).
Possono essere trattate e con ottimi risultati anche patologie come il dito a martello e la metatarsalgia e patologie più complesse non solo dell’avampiede ma anche del retropiede.
Vantaggi della chirurgia mininvasiva in percutanea
Con la chirurgia mininvasiva i vantaggi sono tanti e importanti. Di seguito un elenco dei principali:
- dolore post-operatorio minimo;
- chirurgia di giornata appropriata;
- anestesia tronculare;
- non compressione emostatiche;
- deambulazione protetta immediata;
- articolarità non limitata;
- estetica;
- complicanze minime.
Svantaggi della chirurgia mininvasiva in percutanea
Seppure i vantaggi siano tanti, è doveroso tenere conto che le indicazioni possono essere limitate e che con l’uso della scopia aumentano i raggi a cui il paziente viene sottoposto. È necessario altresì considerare che anche le medicazioni sono più frequenti. Ma è soprattutto è utile non farsi prendere da facili entusiasmi, non avere aspettative troppo alte ed affidarsi a mani esperte.
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Mininvasiva del piede: «solo per chirurghi esperti»
In quali patologie del piede è indicata la mininvasiva?
Si è partiti con il trattamento dell’alluce valgo, poi le indicazioni si sono estese e oggi non è specifica per un tipo di intervento piuttosto che un altro; non è legata esclusivamente a problematiche dell’avampiede ma si fanno in mininvasiva anche trattamenti del retropiede: artrodesi, patologia calcaneare, osteotomie di calcagno.
Spesso la scelta tra chirurgia aperta e mininvasiva non dipende tanto dal tipo di patologia ma dalla sua gravità; questo accade per esempio in caso di alluce rigido, ma anche con un alluce valgo praticamente anchilotico: la mininvasiva non ci dà i mezzi per intervenire in modo efficace con interventi sostitutivi.
Personalmente ho trattato con approccio mininvasivo artrodesizzando alluci rigidi di quarto grado, ma in generale quando è necessario inserire del materiale di una certa dimensione si possono fare interventi di chirurgia mista, in cui le tecniche mininvasive vanno a supporto della chirurgia aperta, per ridurre comunque l’aggressività degli accessi chirurgici.
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Quali le ragioni del recente successo della chirurgia mininvasiva del piede?
Il successo è dovuto a vantaggi reali, come per esempio una ferita minima e correzioni valide dal punto di vista biomeccanico, ma anche a qualche equivoco. È una chirurgia apparentemente facile e per questo molti chirurghi vi si sono dedicati per realizzare interventi in modo più “sbrigativo” rispetto alla chirurgia tradizionale. Ma è un’impressione errata: si tratta in realtà di una chirurgia abbastanza demolitiva ed è facile provocare danni se non si ha un solido background di conoscenza della chirurgia aperta; sfortunatamente molti che non avevano una reale esperienza nella chirurgia del piede hanno abbracciato frettolosamente le tecniche mininvasive proprio perché hanno avuto questa ingannevole impressione di facilità nell’esecuzione, ma sempre più spesso si vedono conseguenze di errori nell’applicazione di una tecnica che invece, quando viene utilizzata correttamente, dà ottimi risultati.
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Quali sono le conseguenze cliniche di questi errori?
A livello locale possono esserci ustioni alla cute, ustioni al tessuto osseo e correzioni sia in difetto che in eccesso: nel primo caso il paziente si ritrova sostanzialmente con lo stesso tipo di patologia precedente all’intervento, mentre se c’è un eccesso di aggressività chirurgica, siccome si entra con frese rapidamente rotanti che possono ustionare l’osso, si possono avere ritardi di consolidazione se non addirittura mancata consolidazione, oltre a deformità residue. Faccio riferimento per esempio all’alterazione dell’appoggio metatarsale. Sono danni abbastanza frequenti quando non c’è a monte una preparazione adeguata.
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In caso di applicazione corretta delle tecniche, quali complicanze possono comunque presentarsi? Le complicanze sono inferiori rispetto ad altre tecniche, a partire dal rischio di infezione che con un accesso di minima ha una probabilità minore di insorgere. Anche i tempi di recupero sono inferiori, perché il materiale osseo che viene fresato rimane in sede e facilita la consolidazione dell’osso. Gli svantaggi rispetto alla chirurgia aperta sono solo le possibili ustioni. Nell’ambito della chirurgia del piede bisogna poi segnalare, purtroppo, la presenza di numerosi millantatori.